giovedì 4 agosto 2016

Un film da vedere: "GIOCHI D’ESTATE", DI ROLANDO COLLA, consigliato da Alberto Pellai

Alberto Pellai, dalla sua pagina Facebook (che permette di citare e da cui consente di estrapolare contenuti), consiglia la visione di un film molto bello di Rolando Colla, "Giochi D'estate".
Chi meglio di uno psicologo-psicoterapeuta, nonché docente universitario e acuto divulgatore, che da anni si occupa di problemi educativi e questioni legate all'adolescenza può recensire i contenuti di questo film?
Consigliamo la lettura attenta di questa recensione e la sua visione.

C’è un film uscito qualche anno fa che racconta l’ingresso in adolescenza con una competenza e una verità davvero uniche. Non è stato molto distribuito nelle sale ma è disponibile su DVD (CG Entertainment) e lo consiglio ai genitori dei preadolescenti, in particolare a coloro che stanno vivendo una situazione famigliare complessa o che stanno attraversando il percorso della separazione proprio nel momento in cui i figli avrebbero maggior bisogno di stabilità e continuità all’interno della propria vicenda famigliare. Il film è stato girato da Rolando Colla nel 2011 (attenzione a non confonderlo con un polpettone estivo del 1984 che ha il medesimo titolo e che fu diretto d Bruno Cortini con Massimo Ciavarro come protagonista - e che è tutta un’altra cosa). E’ un film che può essere visto insieme ai figli preadolescenti (direi a partire dai 12 anni). La trama è “tipicamente estiva”. Nic, dodici anni, arriva con la sua famiglia, padre, madre e un fratello più piccolo, in un camping al mare in Toscana. Da subito si intuisce che la relazione tra i due genitori è parecchio conflittuale e il padre fatica a controllarsi quando è in preda alla gelosia e questo lo porta ad essere violento nei confronti della moglie. Il figlio più grande soffre di questo ma capisce di non poter competere con la forza irrazionale del padre e per questo sfoga la sua rabbia nella relazione con i pari. Il campeggio però diventa occasione per creare nuove amicizie, in particolare con Marie, una coetanea che rincorre il desiderio mai esaudito dalla madre di conoscere suo padre. I ragazzi, lasciati soli nelle loro domande dagli adulti, cercano nel gruppo un luogo dove “sentire” al massimo per sentirsi vivi, per mettersi alla prova. I giochi d’estate diventano sempre più estremi perché nessuno mette loro dei limiti e il rischio di superare la soglia del lecito diventa realtà. Ma in questa esperienza trasgressiva Nic trova il coraggio di fare giustizia a suo modo nei confronti del padre. Il film racconta la storia di un gruppo di preadolescenti che non hanno adulti capaci di far loro da guida e di sostenerli nel loro diventare grandi. I ragazzi solidarizzano tra loro e danno vita a un gruppo nel quale sperimentare la loro creatività,, spesso colludendo con la dimensione del rischio estremo e del pericolo. Tutte le loro curiosità, le loro paure, ma anche la loro rabbia, converge in giochi dove mettersi alla prova, sperimentare il dolore e sfidare la propria capacità di resistere a tutto. Gli adulti raccontati dal regista sono tutti, in diverso modo, affaticati dalla vita: la madre di Marie pensa che la figlia possa imparare a fare a meno del padre semplicemente seguendo il suo consiglio di smettere di pensare a lui. I genitori di Nic sono intrappolati in una dinamica perversa di vittima e carnefice dove i figlio sono spettatori di continue crisi violente e fuori controllo. I genitori all’apparenza ci sono, tentano anche di prendersi cura dei figli, ma sono in balia della loro irrisolutezza e soprattutto non sono consapevoli dei danni che stanno infliggendo con i loro comportamenti immaturi e irresponsabili. Del film colpisce soprattutto la capacità di raccontare le dinamiche tra pari: è come se una videocamera nascosta riprendesse scene di quotidianità di un gruppetto di ragazzini disorientati che ha bisogno di sentire di essere qualcosa per qualcuno. 
Un film che fa pensare e riflettere e che aiuta gli adulti a comprendere che cosa succede ai ragazzi quando nessuno ha la pazienza e la competenza di educarli al senso del limite, alla definizione e al rispetto dei confini. Al tempo stesso il film rivela la capacità che il gruppo dei pari ha di esporre chi cresce all’esperienza del rischio e della trasgressione, ma al tempo stesso di proteggere e di sostenere il disagio emotivo sofferto in famiglie irrisolte, dove regna il non detto e la regolazione emotiva degli adulti. Se l’avete visto, fornite anche voi il vostro commento. Altrimenti recuperatelo e raccontate poi che cosa ne pensate.


L'ARTICOLO è TRATTO DALLA PAGINA FACEBOOK DI ALBERTO PELLAI PER CONCESSIONE DELL'AUTORE.
LA PAGINA LA TROVI AL LINK RIPORTATO IN BASSO:
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